Danni non patrimoniali da sinistro stradale: la Cassazione ribadisce il criterio della “personalizzazione”

Con la recente sentenza n° 21939 del 21 settembre 2017, la Terza Sezione Civile della Cassazione ha confermato che, ai fini della quantificazione del risarcimento dei danni non patrimoniali conseguenti a sinistro stradale (dai danni biologici da lesioni ai danni riflessi gravanti sui familiari), deve trovare applicazione il criterio c.d. della “personalizzazione”.  Il quatum debeatur, in altri termini, deve stimarsi da parte del giudice sulla base del caso concreto, ed in particolare in ragione della specifica esperienza di vita (dal lavoro alle abitudini, dalle relazioni sociali al contesto familiare) della vittima.

Il suddetto criterio era stato introdotto dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 26972/2008 ed è stato poi ribadito dal Giudice di legittimità negli anni seguenti, tra l’altro con la sentenza n. 12408/2011, con la quale la Corte di Cassazione ha stigmatizzato l’incongruità delle motivazioni basate solo ed esclusivamente sulle liquidazioni tabellari del danno biologico, in quanto le suddette tabelle non considerano tutte le voci del danno non patrimoniale. Ed ancora, con la sentenza n. 5243/2014 la stessa Corte ha nuovamente rimarcato che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, ed è compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio con riguardo alle condizioni concrete di vita del danneggiato.

Di certo, il riferimento tabellare resta comunque imprescindibile, ma solo come criterio di massima, idoneo a consentire la definizione di un primo approssimativo abbozzo di liquidazione. Spetterà poi all’autorità giudicante calibrare l’entità del ristoro dovuto, facendo “emergere e valorizzare, le specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame.

Escluso dunque ogni automatismo, resta in ogni caso ovviamente necessario da parte del danneggiato soddisfare in modo puntuale l’onere della prova delle circostanze e delle condizioni specifiche che giustifichino un aggravamento della riparazione del sinistro con riguardo all’esperienza di vita della vittima.  In caso contrario, l’ulteriore ristoro non può che negarsi, pena la duplicazione risarcitoria.

I medesimi principi devono trovare applicazione anche con riguardo alla liquidazione dei danni ai prossimi congiunti. Questi devono valutarsi in modo equitativo, sulla base di una considerazione complessiva ed analitica della relazione affettiva tra i danneggiati e la vittima del sinistro, e dunque, ancora una volta, tenendo conto delle circostanze del caso concreto.

 

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