Appalti pubblici: sì del Consiglio di Stato all’accesso civico generalizzato

A giudizio del Consiglio di Stato l’accesso civico generalizzato si applica anche agli appalti pubblici.

Tramite l’istituto in questione, introdotto dall’art. 5, c. 2, del d.lgs n. 33/2013, è possibile a “chiunque” (e dunque anche a soggetti terzi sprovvisti di uno specifico interesse) accedere ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori a quelli oggetto di pubblicazione (fermi i casi di esclusione ed i limiti di cui al successivo art. 5-bis).

Con la recente Cons. Stato, sez. III, 5 giugno 2019, n. 3780, il massimo Giudice amministrativo ha ritenuto che il riferimento agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990, contenuto nell’art. 53 del d.lgs n. 50/2016 (“il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241“), non possa condurre alla esclusione nella materia degli appalti pubblici della disciplina dell’accesso civico c.d. generalizzato.

Tale disposizione, in particolare, era stata ricollegata dal Giudice di prime cure all’art. 5-bis, comma 3, del d.lgs n. 33/2013 (a mente del quale “il diritto di cui all’art. 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della l. 241/1990“), e per tale via si era esclusa l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato agli appalti pubblici.

Tuttavia, a giudizio del Consiglio di Stato, il suddetto comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs n. 33/2013 circoscrive, sì, l’applicabilità dell’istituto in questione, ma a “specifiche condizioni, modalità e limiti”, e non con riguardo ad intere materie, come quella appunto degli appalti pubblici.

Un operatore economico estraneo alla gara può dunque legittimamente accedere agli atti di tale procedura ed ai documenti relativi all’esecuzione dell’appalto (contratto di appalto, certificati di pagamento, collaudi, e via dicendo), una volta che la procedura selettiva sia conclusa e l’appalto sia stato aggiudicato.  Del resto, giunti a quel punto non vi sono più le esigenze della par condicio tra concorrenti a giustificarne l’esclusione.

Tale soluzione risulta conforme ad un “controllo diffuso sul perseguimento dei compiti istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 5, c. 2,  d.lgs. n. 33/2013), ma soprattutto all’esigenza di garantire che le procedure di appalto si svolgano in modo il più possibile trasparente, anche per prevenire e contrastare fenomeni corruttivi.

Restano comunque fermi i limiti imposti dall’art. 53 del Codice in materia di accesso, vieppiù applicabili in tema di accesso civico generalizzato.

E così, in base al comma 5 del suddetto art. 53, sono esclusi il diritto di accesso (e ogni forma di ostensione) con riguardo:

a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali;
b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale.

 

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